Montecalvo
Irpino svetta su un’amena dorsale, quasi un’acropoli a scrutare come una
sentinella la Valle del Miscano. Il panorama è a 360° specie sul castello
ducale, dove d’estate spunta esile il Cardo di S. Giovanni e richiama alla
memoria il celebre romanzo del nostro vate Giovanni Bosco Maria
Cavalletti, il quale dalla forbita penna di storico e con vena poetica ha
voluto rievocare una struggente storia d’amore del XXVII secolo.
In questo romanzo storico intitolato "Il Cardo di S. Giovanni", l’autore
ci fa tuffare nella Montecalvo del seicento e qui rivive D. Vincenzo
Ciolla sacerdote e artista insieme a Felicetta, due cuori e un grande
amore, che superano ampiamente la storia: " al di la del fato, un amore
senza tempo".
Chiunque passi tra i vicoli e le chiese montecalvesi, se si pone in
ascolto, può, percepire tra il vento, oppure nelle calde assolate estive,
una voce che riecheggia tra le pietre, i ricchi portali o al sussurrare
del vento...
Giancarla Mursia, così nella prefazione del mirabile testo, edito da
Firenze libri del 2000, " Vincenzo Ciolla uomo, prete, artista è il
protagonista della vicenda narrata con matura abilità dell’autore alla sua
opera prima (...) (egli) è veramente esistito e molte opere policrome si
possono ancora oggi ammirare (...) in Montecalvo presso l’Oasi di S.
Antonio, convento francescano tra i più belli dell' Irpinia, a Casalnuovo
Monterotaro (Fg) e nella celebre Certosa di Padula (Sa)..(...) il
contenuto regolato di pacata armonia di avvenimenti, personaggi,
situazioni e figure, incorniciate in un paesaggio essenziale (...)".
Queste sensazioni fuori dal comune si percepiscono intensamente per il
visitatore che vuole visitare il centro storico, specie nel periodo
invernale, o godersi gli speciali tramonti sulla campagna circostante.
Vieni a Montecalvo o gentile turista, e scoprirai la storia di Vincenzo e
Felicetta.
Nel lontano seicento, le ragazze erano solite cogliere il Cardo di S.
Giovanni, per quelle che lo trovano fiorito era foriero di un fortunato
matrimonio. Così avvenne per Felicetta. Vincenzo era contrariato ed
inquieto per il amore per Dio, la natura, l' arte e per l' amore sponsale.
Ma doveva fare i conti con le credenze popolari e l' ignoranza della
gente, ancora oggi si sente l' eco degli sfottò della gente che al
passaggio del prete mormoravano alle spalle:
"Angiolina è sconsolata / che don Diego l'ha lasciata / Agostino poveretto
/ Ha finito con le pezze / Chi l'altare manomette /Se ne aspetti le
saette"
Il promesso sposo di Angiolina, futura moglie di D. Ciolla era il notaio
D. Agostino
Il sacerdote artista, fedele alla sua coscienza, chiese di essere
dispensato dal sacerdozio, e ridotto allo stato laicale, convolò a nozze
con Angiolina, ma la sorte aveva stabilito diversamente. Sia la madre che
la figlia morirono lo stesso giorno, e quando vestirono la defunta con il
suo abito da nozze, nel corpetto trovarono una pezzolla dove aveva
conservato il cardo fiorito, ma macchiato di sangue. La credenza popolare
interpretò quel cardo macchiato di sangue come foriero di tristi sciagure.
E cosi successe.
Il rione
Trappeto
La
testimonianza del mare pliocenico, cinque milioni di anni fa faceva parte
del golfo del Mare Adriatico, è presente a Montecalvo, di grande interesse
per speleologi e amanti della natura. Troviamo, infatti, nelle grotte del
Rione Trappeto eccezionali esempi di architettura rupestre di grande
fascino, simili ai Sassi di Matera.
Di qui l’appello rivolto all' amministrazione per il recupero di questo
rione e del centro storico, vero monumento alla bellezza della pietra
montecalvese, con i sui unici portali di stile spagnolesco che si trovano
sulla via che da S. Nicola conduce al Chiassetto Caccese o al castello
ducale.
Dio guardi Montecalvo S. Pompilio Maria Pirrotti
Continua
ad accompagnarci lo storico Cavalletti, Montecalvo non può fare a meno del
suo santo scolopio, tra le figure più eccelse di santità che una comunità
interna abbia dato alla Chiesa. Un uomo, un educatore, un santo che girò
per le contrade d' Italia, ma che non ha mai dimenticato il suo paese
natale. Il primo saluto al pellegrino o al turista viene dato da una
statua marmorea collocata all' inizio del paese. Un santo giovane che
mostra la croce e addita al cielo.
Il 17 giugno 1765 S. Pompilio volle salutare affettuosamente il suo paese
con un arrivederci in cielo accolto dalla Mamma Bella dell' Abbondanza e
così vergò la sua ultima lettera: "...cominciando da Mamma Bella del
Carmine, fino a S. Maria, e da S. Maria fino all' Angelo fino al grande S.
Antonio, come se io vi nominassi; e sempre più al mio caro Sposo
raccomando tutti, e tutto il Paese..." Quindi lascia l'ultimo saluto:
"...Vi abbraccio in Dio e in Dio vediamoci". Occorre addentrarsi
nel centro storico e qui ci accoglie il suo maestoso palazzo gentilizio.
Sul portale d' ingresso svetta lo stemma calcareo col motto. "Virtus et
honor semper". Nello stesso corpo del palazzo vi è il sacrario col museo
pompiliano da visitare.
La Chiesa abbaziale di S.
Maria e la Cappella Carafa
Dopo
molti decenni è tornata all'antico splendore la chiesa abbaziale gotica
di S. Maria di Montecalvo. L' edificio di culto custodisce tre grandi
tesori: il fonte battesimale di epoca longobarda e la celebre Cappella
Carafa, opera pregevole di ispirazione bramantesca, unica in Irpinia, sec
XVI e la stupenda e misteriosa icona della madonna dell' Abbondanza,
custodita in un'urna di cristallo. Questa statua policroma del cinquecento
era molto venerata dalla famiglia di S.
Pompilio, un miracolo l'ha restituita al culto, perché ritrovata tra le
mura della casa natale del Santo. E sconvolgente il misterioso teschio
così come le altre figure nel cristallino della statua, oggetto di studi
approfonditi, ancora in corso. Come il santo aveva aveva profetizzato,
dopo cento anni la Bellissima Mamma Bella Dell' Abbondanza è ritornata,
dopo attento restauro al culto. Dispiace che altri luoghi sacri pompiliani
siano in stato di abbandono come la cappella rurale di S. Gaetano.
La fiera di S. Caterina
L'antica
fiera di S. Caterina, descritta magistralmente dalla forbita penna di
Cavalletti nel citato romanzo, dopo decenni è ritornata ad essere
valorizzata, dobbiamo essere grati agli studiosi locali e allo stesso
Cavalletti, se una preziosa testimonianza del passato, oggi, può essere
valorizzata con opportune iniziative di marketing come quella della città
del pane di cui Montecalvo è l'unica campana a fare parte.
Rileggiamo insieme alcuni passi: " L'inverno del 1715 era iniziato
precocemente. Il detto popolare "santa Caterinella, acqua o nevicella",
non si era smentito ed il 25 novembre era comparsa la prima neve. Quella
di S. Caterina (D'Alessandria) era la fiera più importante dell'anno. Dai
giorni precedenti erano affluiti in paese venditori provenienti
dall'intero circondario, oltre che dalla Puglia e dall' Abruzzo. Dall'
Annunziata alla chiesa di Santa Caterina erano più di trenta passi di
baracche e bancarelle (...) Era interessante colloquiare con i forestieri
ed apprendere fatti lontani di storia e leggenda..."
Il convento di S.
Antonio e l' Oasi
Andar per conventi è come
ritrovare una pace interiore, lontano dai frastuoni della metropoli, S.
Franceso e S. Antonio ci accolgono con il saluto francescano Pace e Bene.
Il complesso fu gravemente danneggiato dopo il terremoto del 1930. Quasi
abbandonato, fu ripreso ed interamente restaurato per opera di due grandi
frati francescani P. Ciccarelli e l' attuale direttore dell' oasi P.
Filippo Lucarelli.
Il moderno complesso figura tra le strutture principali dell' arcidiocesi
di Benevento. Un bellissimo giardino ed una chiesa accolgono con
gentilezza e grazia tutti i frequentatori. In questo complesso si ammirano
alcune opere artistiche, oltre alla veneratissima statua di S. Antonio da
Padova, " vanno ad onore del popolo montecalvese", uno stupendo crocifisso
opera di un frate scultore seicentesco ci avvolge di spupore e suggestioni
mirabili. Si narra che il frate usasse colpire il proprio corpo con
fruste per la quotidiana penitenza. E proprio sul suo viso e sul corpo del
Crocifisso, é possibile leggere tutto il dramma della sofferenza
dell'umanità, così come il completo abbandono nelle mani del creatore.
Nella sala bar è incastonato uno dei celebri paliotti di stucco policromo
del sacerdote Ciolla, stappato da un vecchio altare, che ora orna il
bancone del bar. La nostra visita termina lanciando uno sguardo su
montecalvo, che ci saluta dall'alto come un'aquila accoglie premurosa i
sui figli. Non è raro sentire la celebre romanza musicale della Notte su
Montecalvo di Mussorgsky, musicista russo che
ha voluto legare il suo nome alla comunità irpina, specie quando svetta la
luna piena che dal Castello illumina il cielo e la terra...e tutto ritorna
al momento della creazione artistica, del congiungimento con la natura e
con il Creato, proprio come fecero, D. Vincenzo Ciolla e l'avvenente
Angiolina. |