Che sia lo spettacolare
burrone del Fosso Palumbo ricamato di grotte arrampicantisi tortuose verso
l’antica chiesa collegiata di Santa Maria, o che sia il dolce ondulare del
paese che, ormai in declivi di nuove costruzioni, stringe, abbracciandolo
verso l’alto, l’imponente castello feudale, Montecalvo offre, da Nord o da
Sud, un primo suo volto accattivante e misterioso. Dal grande piazzale del
castello lo sguardo spazia intorno ai quattro punti cardinali. Da Ovest a
Nord si domina l’intera Valle del Miscano con la vista di Buonalbergo, di
Casalbore, di Ginestra degli Schiavoni, delle alture di Castelfranco e
della Dormiente del Sannio. Da Sud a Est la Valle dell’Ufita con i paesi
della Baronia e il massiccio del Partenio con, nelle belle giornate di
cielo pulito, il santuario di Montevergine. Le gialle arenarie dei
calanchi, i misti profumi di acacie e ginestre, gli orti squadrati dalle
esperte mani dei contadini, ereditarie di tecniche agricole trasformate in
arte dal tempo, creano una particolare attrazione che invita, man mano,
l’eventuale turista o l’occasionale passante, a raggiungere il centro
dell’intero contesto. E qui, tra gli sberleffi delle maschere in pietra
poste a proteggere il paese dagli spiritelli maligni, nei vicoli ricchi di
fregi e portali, attraversando suggestivi sottopassaggi dai quali
improvvisi si offrono allo sguardo stupito sprazzi di cielo e incantevoli
dirupi, e possibile rivivere le eccitanti emozioni che il grande
Musorgskij dovette provare se e vero, come si ha per tradizione,
che ospite al castello di Montecalvo della sua compatriota Maddalena
Pignatelli, compose la celeberrima sinfonia ” Una notte sul Monte Calvo” .
Effettivamente la duchessa Maddalena Pignatelli, figlia di Pietro Fesenko,
consigliere dello zar Nicola II, aveva frequentato, in gioventù, la corte
moscovita ed e probabile che li avesse conosciuto il celebre musicista. Il
fascino arcano che promana dal cuore del paese, soprattutto in quelle
strette e bizzarre stradine del Trappeto, ove pare che il cielo precipiti
giu per calanchi, predispone il volenteroso a dare credito agli antichi
racconti di streghe che avrebbero ispirato la celebre sinfonia. E cosi
sembra di sentire ancora nell’aria il fruscio delle agili scope con cui le
leggendarie janare, nelle tempestose notti lunari solcavano il cielo
montecalvese per raggiungere il mitico noce di Benevento. E nell’origine
stessa del Mito e l’inizio della storia medioevale di Montecalvo. Il
Longobardi beneventani, al cui patrimonio culturale tante figure
fantastiche furono attinte dagli antichi abitanti della Valle del Miscano,
furono gli iniziatori cruenti di una nuova civiltà, frutto della fusione
dei caratteri germanici con quelli sannito-latini attraverso la mediazione
cristiana. Fu nel VI secolo che nacque l’embrione della Montecalvo
attuale.
Le guerre, le epidemie e i disordini di ogni genere, che accompagnarono e
seguirono 1’invasione longobarda, costrinsero gli abitanti di alcuni dei
vecchi insediamenti romani a raggrupparsi nei naturali punti di difesa che
dominavano e circondavano la valle. Dall’odierna contrada Tressanti giunse
il principale nucleo che diede origine alla Montecalvo medioevale. Intorno
al castrum del Monte Romano, altro nome con cui ancora nel 1500 si
identificava la modesta altura su cui sorge il centro antico di Montecalvo,
secondo lo storico Arcangelo da Montesarchio antica rocca romana
abbandonata, sorsero le prime abitazioni ed intorno ad esse la prima
cerchia muraria. Questa circondava il cocuzzolo del monte, abbracciando la
parte che va dalla sommità del castello all’odierna Piazza Porta della
Terra e che, continuando per Via Lungara Fossi, risaliva verso il castello
tagliando l’odierno Corso Umberto all’altezza del palazzo de Cillis. Nel
XIl secolo partirono da Montecalvo circa sessanta armati che parteciparono
alla crociata indetta da Re Guglielmo il Buono. Al ritorno dalla Terra
Santa i superstiti fondarono, sull’esempio di S.Maria Latina di
Gerusalemme, l’ospedale di santa Caterina addossandolo al lato Est della
cerchia muraria. Nel 1132, ai piedi del castello di Montecalvo si accampo
re Ruggiero il Normanno in guerra, in quel frangente, con Rainulfo, conte
di Avellino. La prima famiglia feudataria di cui si ha storica notizia e
quella dei Potofranco (prima meta del XII secolo). Durante le prime decadi
del XIII secolo Montecalvo era assoggettata, almeno per la meta della sua
estensione, al nobile Matteo di Letto le cui figlie, Sica e Perticusa,
sposarono, rispettivamente, Iacopo Donzello e Bartolomeo di Tocco.
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Si formarono allora
anche a Montecalvo le fazioni dei Guelfi seguaci del di Tocco, e dei
Ghibellini, che si strinsero attorno al Donzello goto 4-53. Quest’ultimo
fu esiliato da re Carlo d’Angiò, vittorioso a Benevento contro
l’ultimo baluardo svevo nel 1266. Margherita di Tocco, figlia di
Bartolomeo, sposo il nobile salernitano Giovanni Mansella,
fedelissimo di re Carlo, che divenne il nuovo signore del feudo. A
lui, il 9 luglio del 1269, il re affido la delicata missione di
riparare e custodire il castello di Crepacore, rocca di particolare
importanza strategica per la difesa contro gli attacchi dei
Saraceni. Dalla fine del 1300 Montecalvo segui le vicende della
contea arianese alla quale rimase aggregato durante i governi dei
Sabrano, degli Sforza e dei Guevara fino al 1486, anno in cui il
feudo passo sotto il diretto governo della regia corte che provvide,
da allora, ad inviare in loco i cosiddetti Capitani, veri e propri
governatori.
Nel 1456, durante
il governo dei Guevara, e da registrare il disastroso terremoto
del 5 dicembre che causo la morte di ottanta persone. Anche se
le cronache furono forse esagerate (in quella circostanza
Montecalvo fu dato come sprofondato e qualcuno parlo di
ottocento morti), i segni del flagello furono, in qualche caso,
indelebili. Fu in quella occasione che si ebbe il primo sviluppo
urbanistico al di la delle mura, non ritenendosi più necessaria
la loro ricostruzione. Con diploma di re Alfonso II O’Aragona
del 24 marzo 1494, le terre di Montecalvo, con i feudi annessi
di Corsano e Pietrapiccola, furono vendute ai fratelli Caterina
ed Ettore Pignatelli, quest’ultimo primo duca di Monteleone,
conte di Borrello e viceré di Sicilia, che le tennero per sette
anni.
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Nel 1501 il
castello di Montecalvo, con i feudi su riferiti, passo sotto il
dominio di Alberico Carafa, primo duca di Ariano. Durante la
brevissima dominazione francese, che ebbe inizio nello stesso
anno 1501, signore di Montecalvo fu Pietro del Rohan,
maresciallo di Francia e fedelissimo di re Ludovico. Ristabilita
la supremazia spagnola, re Ferdinando il Cattolico restauro il
ducato arianese che, con Montecalvo, torno in possesso O’Alberico
Carafa. Nel 1505 Montecalvo riebbe la sua autonomia nei con-
fronti di Ariano in quanto il duca Alberico ne dono le terre,
insieme ai feudi di Corsano, Motta, Pietra e Volturino, al
figlio secondogenito Sigismondo che con privilegio di re
Ferdinando il Cattolico, dato in Napoli il 18 maggio 1507, ne
ricevette ’investitura. Dal 1525 Montecalvo fu contea ed ebbe
annessi i feudi di Corsano, Ginestra, Motta, Pietra e Volturino.
Sigismondo Carafa fu il primo della sua famiglia che si poté
fregiare del titolo di conte di Montecalvo Cfoto 6).
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I Carafa tennero la contea
montecalvese per circa un secolo (1505-1594). La loro presenza fu
oltremodo positiva in quanto il paese fu interessato attivamente
all’evoluzione culturale di quei tempi che ebbe nel Rinascimento la
sua massima espressione. I)al 1458 al 1576, eccettuata una piccola
parentesi, la famiglia Carafa tenne l’arcivescovato napoletano e nel
1555 raggiunse il massimo splendore con 1’elezione aI papato di
Giovan Pietro Carafa. Con il nome di Paolo IV, questi governo la
chiesa di Roma fino al 1559. Giovan Battista II Carafa, quinto conte
di Montecalvo, venc.lette i suoi feudi, senza rinuncia del titolo, a
Carlo Gagliardi, nobile di Lucera e di Catalogna.
Con il diploma
del 2 luglio 1611 re Filippo II di Spagna elevò a ducato la
terra di Montecalvo conferendo a Carlo Galiardi, nonché ai suoi
eredi e successori, il titolo di duca. Il primo duca di
Montecalvo, sposato con Laura Pignatelli, non ebbe figli maschi
per cui il suo primo discendente fu una donna, la duchessa
Isabella che sposò il marchese di Paglieta Carlo Pignatelli. Da
questo matrimonio nacque Carlo Pignatelli che, con atto del 16
novembre 1669, ricevette in dono dalla madre il ducato di
Montecalvo che successivamente passa, di mano in mano, ai
discendenti della famiglia Pignatelli. Dal 1669 alla prima metà
del XX secolo tale famiglia ha annoverato nove duchi di
Montecalvo che hanno ivi dimorato (foto 7). I discendenti si
fregiano ancora di tale titolo, oltre a quello di marchesi di I’aglieta,
portato a Montecalvo da Giovan Battista, marito della duchessa
Isabella Gagliardi.
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Numerosi
privilegi, nel corso dei secoli, la civica amministrazione
ottenne dall’autorità regia. Il più antico che si conosce fu
concesso nel 1270 da re Carlo O’Angio il quale dispenso i
Montecalvesi dal pagamento delle tasse. Il re volle
sottolineare, in quell’occasione, la maestria dei balestrieri di
Montecalvo, la cui opera era stata determinante nel respingere
un assalto saraceno alla città di Lucera. Tra gli altri,
particolarmente interessante e quello spedito da re Renato d’Angiò
proprio dalla città di Lucera il 19 febbraio 1440. Si tratta di
quarantotto capitoli scritti in lingua volgare che testimoniano
la sincera e per questo forse singolare volontà del sovrano di
premunire i suoi sudditi da eventuali angherie feudali. |
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Anche Ferdinando I
D’Aragona, sul finire del 1400, ebbe delle particolari attenzioni per
Montecalvo. Con ogni probabilità esse furono sollecitate dal giurista di
corte Angelo Cammisa, montecalvese, consigliere collaterale della corona.
Quando, nel 1497, papa Alessandro VI espulse il vescovo di Ariano
mons.Paolo de Bracchis, perché aveva prestato obbedienza a Carlo VIII, re
di Francia, l’abate della chiesa collegiata di S.iVIaria Maggiore in
Montecalvo fu chiamato, dallo stesso pontefice, alla reggenza della
diocesi arianese. I fermenti culturali, che pervasero l’Europa delle nuove
scoperte geografiche e dell’invenzione della stampa, e che si riflessero
nei movimenti interni agli ordini religiosi, a cui la crescente ricchezza
e le continue guerre tra Stato e Chiesa avevano fatto perdere di vista le
finalità dei propri canoni, furono vivi anche e Montecalvo. Nel 1518 vi fu
la cessione dell’ospedale di santa Caterina da parte di Sigismondo Carafa
e del comune di Montecalvo al monaco agostiniano Felice da Corsano,
successivamente acclamato beato dal popolo. Egli fu promotore di una
riforma cattolica, contemporanea al movimento riformatore di Lutero e
precorritrice del concilio di Trento. Dopo ventisei giorni dalla bolla
”Exurge Domine”, che scomunicava Lutero se allo scadere dei sessanta
giorni non avesse ritrattato le quarantuno proposizioni condannate, papa
Leone X, con la bolla ”Exponi nobis nuper”, diretta a Sigismondo Carafa,
nel dare 1’assenso alla costruzione di un nuovo convento a Montecalvo,
sottolinea le gravi difficoltà in cui versava la Chiesa di quei tempi. Nel
1626, con 1’apporto determinante della casa ducale, si diede inizio ai
lavori per la costruzione della chiesa e del convento di S.Antonio a
”circa quarantapassi dal borgo, verso mezzogiorno, e riusci cosi ben
situato, e che tanta modesta magnificenza, che fa a gara (anno 1734) con
più nobili conventi ch questa (S.Angelo in Puglia) e in altre province”
Cda ”Cronistoria della Riformata Provincia di S.Angelo m Pugliag Le
strutture furono ultimate nel 1631 ed il convento pote vantare due
chiostri, sette dormitori e sessanta celle che, aggiunti ai locali
dell’ospedale di S.Caterina e a quelli del- l’ospedale dell’Annunziata,
quest’ultimo a detta del cardinale Orsini ’Vl più nobile” di tutta
1’estesa arcidiocesi beneventana, fecero di Montecalvo un paese dalle
notevoli capacita ricettizie. I frequenti passaggi tra la Campania e la
Puglia, ma soprattutto i mercati e le fiere, costituirono in passato
occasioni importanti perché tali strutture fossero sfruttate in pieno. La
più antica tra le fiere e, con ogni probabilità, quella di Santa Caterina.
Di essa si ha notizia sin dal 1200 ed e ricordata come l’occasione di un
non molto chiaro ed apparentemente poco edificante fatto successo
nell’ospedale di S.Caterina ove, pare, fossero state ospitate delle donne
in locali non separati da quelli ove erano i frati. La scadenza
venticinquennale dell’anno santo, oltre naturalmente ai terremoti,
costituiva motivo di revisione, o ristrutturazione, degli ospedali.
In occasione del
giubileo del 1725 papa Benedetto XIII concesse particolari indulgenze
ai pellegrini che fossero passati per la chiesa di S.Maria Assunta in
Montecalvo. La già antica tradizione culturale montecalvese, che
annovera nomi di giuristi e teologi fin da11300, fu per cosi dire,
istituzionalizzata nel 1652 con la fondazione, presso il convento di
S.Antonio, delle cattedre di filosofia e teologia, per secoli oggetto
di impcgnativi concorsi da parte dei massimi esponenti del pensiero
francescano della provincia minoritica cii S.Angelo in Vuglia, dal
1911 Sannita-Irpino. Nonostante la grossa portata culturale della
fondazione del convento francescano e dell’istituzione di regolari
corsi accademici, il posto di preminenza nelle cronache del 1600
spetta alla terribile peste del Cinquantasei. Il grave flagello, nel
giro di un paio di mesi, causò a Montecalvo la morte di oltre duemila
persone su una popolazione di poco superiore alle quattromila unita.
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Conseguenza dell’epidemia
pestifera fu la distruzione di intere terre e questa sorte tocco al feudo
di Corsano che da allora, pian piano, e divenuto con Montecalvo una sola
realtà civile. A causa della peste, profondi sconvolgimenti demografici
interessarono tutto il regno di Napoli. Intere famiglie trasmigrarono dai
centri alla ricerca di terre più sicure.
La collina montecalvese fu particolarmente interessata dal continuo arrivo
di superstiti, soprattutto pugliesi, che da allora si inserirono nella
nuova realtà culturale. La seconda meta del XVII secolo rappresenta per
Montecalvo un periodo particolare dal quale nacquero le premesse per uno
sviluppo urbanistico che ancora oggi fa risentire la sua lontana
influenza. Fu allora, infatti, che si popolo per la prima volta la zona
del ”Piano” che, via via, fino ad oggi, ha sottratto alla ”Piazza” la
funzione di centro per antonomasia ed e diventata il fulcro dell’attività
commerciale locale.
All’espansione fuori
mura verso Ovest del dopo terre- moto 1456 segui quella verso Nord-Est
del dopo peste 1656. Questa opposta tendenza e motivata dal fatto che
mentre nel XV secolo Corsano, e la rete viaria che lo interessava
svolgevano ancora funzione di richiamo, nella seconda meta del XVII
secolo Corsano era stata distrutta, dalla stessa peste, ed i nuovi
arrivati, giungendo soprattutto dalla Puglia, si fermarono appunto a
Nord-Est del paese, non solo, ma la zona del ”Piano” offriva migliori
possibilità di sviluppo urbanistico e non a caso, infatti, vi furono
costruiti grandi complessi che era inimmaginabile inserire sul
cocuzzolo montecalvese. |
Le prime strade che si
popolarono furono Via Bastioni e Via Costa dell’Angelo che partendo
entrambe dal Largo Mercato, l’odierna Piazza Porta della Terra, sfociano
in Piazza Vittoria la prima ed alla confluenza di Viale Pini con Corso
Vittorio Emanuele la seconda. Sulla cultura indigena se ne inserirono
altre. Le influenze marine, i ricordi delle esperienze guerresche
tramandate dagli avi e la raffigurazione di stemmi gentilizi delle nuove
casate vennero ad arricchire l’arte della pietra, peraltro gia presente a
Montecalvo.
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Il ricordo dei
Saraceni, che a lungo avevano infestato il mare pugliese, divenne arte
espressa in leoni e scimitarre. Si diede inizio alla costruzione degli
eleganti palazzi di Via Piano, l’odierno Corso Vittorio Emanuele, che
vennero ad aggiungersi a quelli, più antichi, della parte alta del
paese. Il terremoto del 1962 decreto la fine di molti di essi ed altri
appaiono oggi deturpati nella loro interezza. Il terremoto del 5
giugno 1688 sancì la fine di almeno otto fra le più antiche chiese di
Montecalvo le cui rendite, per decreto del cardinale Orsini, furono
incamerate dalla chiesa di S.Maria Assunta, e da quella del santo
Angelo Custode. La fine del XVII secolo e segnata ancora da un
terremo- to, quello del 1693, che causo penosi ritardi nelle
ristrutturazioni ancora in corso dal sisma del 1688. Il 1686 aveva
visto il succedersi del cardinale Vincenzo Maria Orsini, gia
arcivescovo di Cesena, sulla sedia arcivescovile beneventana. L’opera
riformatrice dell’Orsini, dai papi additata ad esempio all’intera
Europa tanto che alcuni sovrani mandarono a Benevento dei loro
osservatori, oltre al recupero dei valori in se, fortemente
affievolitisi in secoli di trascuratezza religiosa, fu volta alla
formazione di veri e propri registri di raccolta documentale che
costituiscono, oggi, un prezioso patrimonio archivistico. Il prelato
ebbe intensi rapporti con Montecalvo e quando sali sul soglio
pontificio assumendo il nome di Benedetto XIII, inviò, alla collegiata
di Santa Maria Assunta, il prezioso dono di due parati completi con
dedica ricamata ”Pro Montecalvo A.D. 1724”.
Nuovi
danni al patrimonio urbanistico furono arrecati dal sisma del 1702
ed ancora da quello del 1732. Il diciottesimo secolo si
caratterizza, nella storia montecalvese, per la nascita di
Domencio Pirrotti, poi San Pompilio Maria dell’ordine religioso
delle Scuole Pie. Sesto di undici figli, nacque dal dottore in
legge Gerolamo e dalla nobildonna Orsola Bozzuti il 29 settembre
del 1710. All’età di sedici anni fu accolto nella Casa dei Padri
Scolopi di Benevento. Il 20 marzo del 1734 fu ordinato sacerdote
nel monastero di San Benedetto in Brindisi. Svolse il suo
apostolato in tutta Italia ed in particolare in Abruzzo tanto da
meritare il titolo di ”Apostolo degli Abruzzi”.Con i suoi
straordinari meriti umani e religiosi attrasse su di se gli odi,
le gelosie e le invidie di quanti, religiosi e non, si vedevano
scavalcati nella gerarchia degli affetti e della stima del popolo
e delle autorità. Per questi motivi, nel 1759, fu esiliato dal
regno di Napoli ove, pienamente riabilitato, rientro, diretto a
Campi Salentina (LE), nel 1765. |
L’anno dopo si spense
nella cittadina pugliese ove, in un maestoso santuario a lui dedicato,
riposa oggi il suo corpo. La disponibilità per il popolino e la piena
comprensione dei problemi dei più deboli, per le cui mise giuste non
esitò mai a schierarsi, lo resero celebre nella sua epoca. Fu un
precursore nella diffusione in Europa del culto al Sacro Cuore di Gesù.
Molto devoto delle anime del Purgatorio era solito, come testimoniano
i processi per la sua canonizzazione, parlare con i defunti. Gli
stessi processi confermano che discorreva con la Madonna che
affettuosamente chiamava ”Mamma bella ”. Fu beatificato nel 1890 da
papa Leone XIII che nel 1839 aveva personalmente dato inizio, in
Montecalvo, alla causa. Il 19 marzo del 1934 fu solennemente
canonizzato, nella basilica di San Pietro in Roma, dal Pontefice Pio
XI. Nel 1785, con dispaccio reale di Ferdinando IV di Borbone, che
esaudiva la richiesta del 1783 fatta dall’università di Montecalvo, la
chiesa del SS.mo Corpo di Cristo, successivamente distrutta dal
terremoto del 23 luglio 1930, fu elevata a collegiata. Questa si
affianco a quella, antichissima, che faceva capo alla chiesa di
S.Maria Assunta. Durante la rivoluzione napoleonica del 1799
Montecalvo innalzo, in più punti del paese, il vessillo repubblicano,
ma ancora più diretta fu la partecipazione dei Montecalvesi ai fatti
rivoluzionari del 1820. Attivissima fu la Carboneria che si coagulo
intorno alle figure di Diofebo e Dioclezano Bisogni ritenuti c.4.11a
polizia borbonica tra i più pericolosi cospiratori del regno.
Interessante, a tal proposito, e il portale in pietra con simboli
massonici oggi rimontato sul ricostruito casino di campagna della
famiglia Stiscia in contrada Marinella (foto 10). La scelta di un
Montecalvese da parte di Pio IX alla sedia episcopale di Nusco in un
delicatissimo periodo della storia d’Italia, 1860-1870, dimostra come
tutt’altro che unanimi fossero i pareri della popolazione circa
l’uniti d’Italia. Pulita ed accorta fu, comunque, la politica di mons.
Gaetano Maria Stiscia, gia vicario foraneo e parroco di S.Nicola in
Montecalvo, che pur invocando la benedizione divina su Francesco II e
su tutta la casa reale napoletana, si distinse per la severità con cui
tento cli estirpare la piaga del brigantaggio nella sua diocesi
discostandosi, quindi, dalla stessa politica borbonica. Notevole fu il
tributo di sangue che Montecalvo offri alla Patria nelle due guerre
mondiali. Attivo fu l’antifascismo. Dal dopoguerra ad oggi, con
diverse formule di collaborazione, socialisti, comunisti,
democristiani, pidiessini e civici, si sono succeduti alla guida
dell’amministrazione comunale. |
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