IPOTESI SUL NOME DELLA COMUNITA’ ROMANA DI TRESSANTI |
Ho trovato sul sito “Irpino.it” di Montecalvo Irpino, curato egregiamente da Alfonso Caccese e Francesco Cardinale, l’informazione sul ritrovamento, come possiamo dire?, non abbastanza recente (si tratta del 1911), di un cippo funerario romano a Piano di Anzano, in località Tressanti di Montecalvo. Per quanto abbia cercato, mi pare che, da allora e sino ad oggi, quel ritrovamento così importante non abbia suscitato echi. L’epitaffio inciso sul cippo è questo: OFILLIA QVINTILLA HAVE ET TU QVI LEGIS HAVE SI NON FATORUM PRAEPOSTERA IVRA FVISSENT MATER IN HOC TITVLO DEBUIT ANTE LEGI
E’ un bellissimo, commovente epitaffio. E il benemerito e fortunato ritrovatore, il quale provvide subito ad informare gli studiosi dell’epoca, fu Nicolamaria Lanza, nostro compaesano. Si tratta di una ragazza sfortunata, forse morta di parto (il suo primo, evidentemente, se non poté essere chiamata madre). Traduco letteralmente: “Salve Ofilia Quintilla / e salve anche a te che leggi. / Se i fati non fossero stati stravolti / si sarebbe dovuto leggere / madre / a capo di questo epitaffio.” Ma il mio interesse si è acceso per un altro particolare della notizia. Il nome Anzano. Conosco il Piano di Anzano per averlo visitato insieme ad Angelo M. Siciliano. E’ stata senza dubbio la sede della centuriazione romana di quelle terre, che mi sembrano particolarmente fertili. Il primo ragionamento deve essere questo: se c’era una necropoli, e una necropoli con epigrafi in lingua latina colta, lì a ridosso c’era anche una cittadina romana. Peccato però che la necropoli e gli altri reperti archeologici siano stati dispersi e dimenticati. Si sa che Silla, dopo la definitiva sconfitta dei Sanniti e loro alleati, alla fine della Guerra Sociale, nell’ 82 a.C., lanciò una vera e propria pulizia etnica ante litteram della tribù irpina, facendo trucidare tutti i maschi, inclusi i vecchi e i bambini, prima di colonizzare forzosamente il nostro territorio. Distrusse Aeclanum sannita e la riedificò romana, fondò allora, o subito dopo, Ariano, Savignano e Corsano e, evidentemente, anche la cittadina di Tressanti. Il nome Anzano suona bene in concomitanza con gli altri che ho elencato prima. Sospetto che Anzano sia stato il suo nome originale, se non è stato dato da un cognome di proprietario dei campi coltivati in quel posto, in tempi più recenti, ma mi sembra improbabile, anche perché eventuali cognomi simili potrebbero derivare dal nome della comunità romana e non inversamente (Alfonso Caccese mi ha detto che vi sono nei paraggi dei cognomi nella forma Anzani, ma Anzani è precisamente un genitivo che potrebbe indicare la provenienza della famiglia da un posto chiamato Anzano).
Nel battezzare nuove centuriazioni, i romani
usavano il nome proprio del console, del comandante o di altro personaggio
illustre che prendeva possesso della quota più importante della
lottizzazione. Mettiamo: Arrius, Sabinius, Curtius , ne ricavavano
l’aggettivo prediale, cioè indicante il possesso del territorio (ager) e
ne veniva fuori: Ager Arrianus, Ager Sabinianus, Ager Curtianus, poi
diventati Ariano, Savignano, Corsano, con la caduta, per sottinteso, di
Ager. E Anzano? Da Ager Antianus, che voleva dire Ager di Antius, nome
proprio romano. Come si vede, sto formulando un’ipotesi argomentata sul
nome originale della cittadina romana di Tressanti. Una ricostruzione che
mi sembra ben fondata sul principio ben presente agli studiosi di
toponomastica che possiamo chiamare resistenza nel tempo dei nomi di
luogo, resistenza che spesso perdura anche dopo la scomparsa delle
comunità designate da quei nomi. Anzano potrebbe essere perciò un relitto
linguistico – che fa il pari con il cippo trovato da Lanza, su un altro
piano solo apparentemente più solido – Ha sfidato i secoli, se esisteva
ancora nel 1911 (non so se sopravvive tuttora in bocca ai residenti del
posto). Di posti chiamati “Montecalvo” ve ne sono a bizzeffe in Italia. E meno un altro paio di paesi, tutti posti spopolati e brulli. Uno, Monte Calvello, addirittura guarda i montecalvesi da sopra Casalbore. Un altro è nei paraggi di Benevento. Un altro nella Daunia. E perfino qui a Bologna vi è un colle che si chiama così e a me piace scherzare con mia moglie, quando mi accingo a fare un giro in bicicletta, dicendole con distacco: “Be’, io me ne vado un po’ a Montecalvo”. Sono nella quasi totalità luoghi disboscati in varie epoche per fornire legname alle flotte romane, per ottenere erba da pascolo (e in questo caso, anziché al taglio, si ricorreva all’incendio del bosco), per la ripresa delle coltivazioni dopo il Mille, ecc. Peccato, perciò, che mai nessuno abbia pensato di dare al nostro paese un vero e proprio nome. Il motivo fondamentale probabilmente è stato che la gente che lo fondò veniva da comunità diverse, aventi diversi nomi, e nessun gruppo poté prevalere al punto di spuntarla con il dare alla nuova comunità il proprio nome di provenienza, Queste mie sono ovviamente soltanto ipotesi, per quanto argomentate. Ma dimostrare che sono infondate è altrettanto difficile che dimostrare il contrario. M.S.
Bologna, 2 luglio 2003
Nota di conferma riguardante l’ipotesi del nome della comunità romana a Tressanti.
Dopo vari sopralluoghi fatti da me e dall’amico Alfonso Caccese, nonché da me in compagnia di Gianbosco M. Cavalletti e Franco D’Addona, sul luogo di Tressanti chiamato dai residenti Pratola, sono giunto alla conclusione che l’ipotesi sul nome originale della comunità romana – Anzano - sia fondata su dati oltre che di linguistica storica (v.”Ipotesi”,supra), anche di geografia paesaggistica e urbanizzazione antica. Pratola è un pianoro di circa mt. 800 di lato, diviso in quattro quarti da un incrocio ortogonale di due vie di campagna, probabilmente corrispondenti al decumano e al cardo massimo di un insediamento romano (Ad onor del vero uno dei bracci è segnalato soltanto dalla diversità colturale degli appezzamenti ). L’orientamento delle due vie, non essendo stato possibile verificarlo con strumenti quali bussola o altro, ci è sembrato non esattamente quello classico degli accampamenti e delle centuriazioni romane, cioè EST-OVEST e NORD-SUD. Con approssimazione ottica sembrerebbe invece NORD/EST – SUD/OVEST e SUD/EST – NORD/OVEST.
Pratola indica chiaramente che il luogo era coperto in una certa epoca da prati. Per me, lo è stato presumibilmente a partire dall’abbandono della città (a causa di un evento o serie di eventi che ci sono sconosciuti) e sino ad epoca relativamente recente (seconda metà del Settecento) allorché il terreno è stato dissodato di nuovo per la coltivazione. L’aratura a scasso profondo ha perciò dissotterrato, distrutto e disperso i manufatti civili dell’insediamento. A testimonianza di ciò, da allora, sono stati fatti numerosi ritrovamenti di lapidi, laterizi, terraglie e altri oggetti (lucerne ad olio, giocattoli di terracotta, ecc.) della città antica, rimasta a lungo sepolta sotto i campi a pascolo. E i frammenti minuti di tali manufatti ancora affiorano e restano visibili tra le zolle di Pratola. L’attuale relitto toponomastico Macchia di Anzano costituisce secondo me una prova più che certa sul l’esistenza del nome Anzano, anche se l’intera espressione si riferisce ad una zona contermine a sud del pianoro su cui sorgeva la comunità. Con ogni probabilità nel termine Macchia resiste una sopravvivenza del Saltus (bosco in quota) che sovrastava l’area coltivata e urbanizzata (secondo l’opposizione funzionale ben nota di Ager/Saltus).
Fortunatamente, come attestano le
trascrizioni latine raccolte nel Corpus Iscriptionum Latinarum,
è rimasta una traccia certa dei ritrovamenti in loco dei reperti
litici impreziositi da iscrizioni. Purtroppo tali reperti risultano quasi
tutti scomparsi o adibiti a usi impropri (soglie di scantinati,
incastonature di muretti. ecc.). Una menzione a parte merita la sorte di
una lapide trovata a Tressanti, il cui epitaffio è stato registrato nel
suddetto C.I.L. v. IX , con il n.1431. Commissionato da un certo
C.Babidius Niger, in memoria della sorella e della moglie
morte giovanissime, sopravvive nella forma irrimediabilmente mutila:
Ma
altre importanti epigrafi hanno subito lo stesso misero destino, seppure
si trovano da qualche parte.( V.in C.I.L. v.IX, nn.1421,1423,1446.).La
presenza in posizione SUD/OVEST di una eminenza del terreno che viene
denominata Casa di la Corte, potrebbe segnalare ruderi sepolti del
presidio militare fortificato.(La nostra ricostruzione fa risalire Corte
a Cohors- Cohortis…- Cohorte(m). M.S. Montecalvo Irpino, 24 agosto 2003
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